Buongiorno Cinzia, sono a Rignano sull’Arno, questo momento di pausa mi aiuta a focalizzare i sentimenti nati dentro durante la lettura del tuo romanzo. Dal punto di vista tecnico è formale vi vedo proprio una sequenza cinematografica, dove il ritorno di Amelie e i suoi ricordi di bambina si alternano al contrappunto (non a caso uso un termine musicale) del vissuto di Clara e Akim, come crescita di un rapporto vittima- carnefice (hanno sempre bisogno l’una dell’altro). Un altro termine che mi pare pertinente è “contrasto”. Ci si avvale di un grande piano visivo di luoghi magnifici che fanno da scenario a un rapporto che, mentre svolge la bobina di una crescita nei termini descritti sopra, lentamente muore sotto l’aspetto dell’amore come aspettative irreali di vita di coppia di Clara.
Per quanto riguarda Clara per me rappresenta il mistero insondabile di tante donne realizzate, professioniste in gamba, creative… che vivono cmq un disagio interiore per essere tali e spesso “superiori” agli uomini. A tal punto che cercano rapporti affettivi in cui svilirsi, quasi a ribadire all’uomo che è sempre lui il centro del potere nella coppia.Vivono cmq un senso di disagio e di inferiorità sentimentale che nel pubblico non ammetterebbero mai. E così facendo si consegnano ai loro aguzzini come pecore al macello ( per infatuazione, per spirito missionario, per non restare sole…) senza voler vedere i tanti segnali di violenza. Anche quello è uno pseudoamore, perché non si può amare l’altro se prima non si ama se stessi. Quello di Clara è un copione conosciuto, che appartiene oggi, nel ventunesimo secolo, a molte donne, come apparteneva loro nel medioevo, ma oggi, coi progressi in tutti i campi che ha fatto la donna, è ancora più grave.
Il tuo romanzo offre tanti spunti di riflessione e ti faccio i migliori auguri per ogni realizzazione.
Maria Carmela Mugnano
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